Recensione 'A bocca chiusa non si vedono i pensieri' di Benjamin Ludwig - Harper Collins

Ginny Moon ĆØ per molti versi una tipica quattordicenne: suona il flauto nell'orchestra della scuola, gioca a basket due volte alla settimana e studia le poesie di Robert Frost per la lezione di letteratura americana. C'ĆØ solo un piccolo particolare che la distingue dalle altre ragazzine della sua etĆ : Ginny ĆØ autistica. E ciĆ² che per lei ĆØ irrinunciabile - come iniziare ogni giornata con nove chicchi d'uva a colazione, per esempio, oppure cantare Michael Jackson, o prendersi cura della sua bambola ed elaborare in gran segreto piani di fuga - a qualcuno potrebbe sembrare un po'... strano. Per anni, dopo che l'hanno portata via alla madre naturale, tossica e violenta, ĆØ passata da una famiglia affidataria all'altra. Adesso perĆ², finalmente ha trovato la sua Casa Per Sempre, un posto in cui si sente al sicuro, protetta, con genitori che le vogliono bene e si prendono cura di lei. ƈ esattamente il tipo di famiglia che tutti i ragazzini nelle sue condizioni sognano... eppure lei ha altri progetti. PerchĆ© in quella vita perfetta manca qualcosa. Qualcosa di cosƬ importante che per riaverla ĆØ disposta a rubare, a mentire, ad approfittare della disponibilitĆ  di tutti quelli che le vogliono bene. Qualcosa per cui arriverebbe persino a farsi rapire.

Titolo: A bocca chiusa non si vedono i pensieri
Autore: Benjamin Ludwig
Editore: Harper Collins
Data di pubblicazione: 22 giugno 2017
Pagine: 427

Trama: 3  Personaggi: 4  Stile: 4 

La prima sensazione che si ha, leggendo questo romanzo, ĆØ una profonda tenerezza. Ci si trova a conoscere Ginny, una ragazzina di 13 anni affetta da autismo. Ginny ha avuto un'infanzia difficile, costretta a vivere con una madre dipendente da stupefacenti e con un continuo viavai di uomini dal loro appartamento.
Adesso, perĆ², Ginny vive con il suo PapĆ  per Sempre e la sua Mamma per Sempre nella casa Azzurra, va a scuola e pratica sport. Ma c'ĆØ qualcosa che ossessiona la mente di Ginny ed ĆØ la sua Bambolina, rimasta nella casa della madre quando gli assistenti sociali la portarono via.

Non ĆØ stato facile leggere questo romanzo. Innanzitutto perchĆ© dopo il primo impatto di affetto e tenerezza nei confronti di Ginny, si fatica non poco ad entrare nella sua mente. 
Personalmente non so bene cosa voglia dire avere a che fare con ragazzi autistici, come penso la maggior parte di noi. Ho un'amica che ha un figlio affetto da questa sindrome, ma lei ĆØ una con le palle quadrate (scusate il francesismo!) e, probabilmente, non ho mai capito davvero cosa voglia dire convivere quotidianamente con questa patologia.
Proprio per questo motivo, man mano che la lettura procedeva mi sono resa conto che la mia insofferenza nel leggere di Ginny, delle sue manie, del suo ripetere mille e mille volte le stesse parole e gli stessi gesti, aumentava. Avevo sempre la sensazione di leggere le stesse pagine e la voglia di procedere con la storia scemava sempre piĆ¹.

A quel punto, ho fatto una pausa e ho cercato di capire cosa volesse dirmi l'autore. L'ho capito? Non lo so, ma credo che queste siano cose che si capiscano davvero solo vivendole in prima persona. PerĆ² ho cominciato a guardare Ginny e la sua famiglia con occhi diversi.
I genitori adottivi che faticano ad affrontare i problemi, la loro voglia di allontanarla da casa, tutte quelle cose che solitamente avrei criticato, mi sono state invece ben chiare e giustificabili.
Ammetto anche che, nonostante tutto, Ginny mi ĆØ apparsa a tratti irritante ed eccessiva.

Quello che, invece, non mi ĆØ chiaro ĆØ il motivo per cui l'autore abbia deciso di dilungarsi cosƬ tanto per arrivare al punto focale della storia. Da metĆ  libro in poi, ogni pagina sembra quasi superflua; quando sembra che ci si stia avvicinando alla conclusione della storia, ecco saltare fuori un nuovo personaggio o un nuovo avvenimento che spesso, purtroppo, non hanno alcun fine se non quello di aumentare il volume delle pagine.
Anche l'idea della Bambolina di Ginny, che funziona per le prime 50 pagine, diventa poi scontata e ripetitiva. Benjamin Ludwig non riesce a tenere alta l'attenzione su questa parte della storia, perchƩ, agli occhi del lettore, diventa quasi subito evidente e scontato di cosa (o di chi) si tratti.

Una storia che, tutto sommato, ĆØ piacevole da leggere, ma non di quelle che si divorano in pochi giorni. Un romanzo con grandi potenzialitĆ  che, purtroppo, ĆØ stato sviluppato in maniera eccessiva ove non sempre necessario.

La Libridinosa

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6 commenti:

  1. Il tema mi interessa pure, ma io ho un enorme problema con i narratori "bambini" (vedi Wonder, che ho mollato dieci volte). Non escludo che lo leggerĆ² prima o poi, ma l'insofferenza la capisco bene e devo farmela passare. :)

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    1. Nel mio caso circa Wonder ero abbastanza prevenuta ed invece mi sono ritrovata piĆ¹ che entusiasta e commossa alla fine šŸ˜…

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    2. Michele la vedo dura, conoscendoti un po' temo tu possa attentare alla vita di qualcuno durante la lettura di questo romanzo ;)

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  2. E' normale che l'autrice voglia far ripetere gli stessi gesti ogni volta portandoli quasi all'esasperazione. Gli autistici hanno questi comportamenti che noi definiamo maniacali ma per loro sono normali e guai a cambiarli, avrebbero uno stress. Per loro ĆØ una sicurezza rifare quelle cose, tutto ciĆ² che cambia o che porta ad un cambiamento ĆØ causa di un profondo disagio perchĆØ non hanno la prontezza di adattarsi a quel cambiamento. Loro hanno un disegno mentale ĆØ il minimo cambiamento porta scompiglio. Forse ĆØ questo che l'autrice ha cercato di spiegare ma non ĆØ semplice.

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    1. Concordo.
      Forse in realtĆ  la scrittrice ha ottenuto lo scopo scrivendo cosƬ. Credo che un genitore possa avere una marcia in piĆ¹​ per il proprio figlio speciale, ma occuparsi di un bambino cosƬ ĆØ davvero dura per i comportamenti strani, ripetitivi e non quantificabili in quanto sono tutti diversi l'uno dall'altro i bambini con autismo. Conosco una mamma con un figlio cosƬ e il fratello di una ragazza. Credo che essendo un familiare ed amandolo ci sia la buona volontĆ  di accudirlo, ma, se potessero, staccherebbero ogni tanto la spina.
      Di libri sul tema ne ho letti vari, particolarmente di ragazzi ormai grandi affetti da autismo. Invece il romanzo migliore finora ĆØ stato l'amico immaginario di Matthew Dicks. Secondo me non si disperde ed ĆØ coinvolgente pur facendo capire di che si tratta. Il lato particolare e forse indigesto probabilmente ĆØ la voce narrante dell'amico immaginario. L'ho trovato toccante.

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    2. Patrizia il punto non ĆØ che non ho capito i comportamenti della protagonista, lungi da me. Anzi, faccio un mea culpa nell'ammettere che, conoscendomi, farei davvero fatica a vivere questa situazione. Quello che mi premeva sottolineare in questa recensione ĆØ che l'autore (SCUSATE, RAGAZZE, SI CHIAMA BENJAMIN, MI SEMBRA OVVIO SI TRATTI DI UN UOMO!) ha reso troppo prolissa la storia, cosƬ da far diventare snervante la lettura piĆ¹ della ripetitivitĆ  dei comportamenti stessi della protagonista.

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